Prima edizione di Crypto Coinference un evento ben strutturato con i giusti tempi e che ha sollecitato il networking fra i partecipanti.
Riportiamo alcuni interventi i cui temi abbiamo ritenuto essere i più interessanti (ad alcuni interventi non siamo stati presenti).
Criptovalute e fisco italiano tra norme vigenti ed interpretazioni: facciamo chiarezza
Giorgio D’Amico, Dottore Commercialista, “Per primo abbiamo un interpello con cui una società chiedeva come doveva gestire sostanzialmente una ICO , l’emissione di un utility token, perchè il problema è: Se io emetto un utility token e mi viene considerato tutto fatturato imponibile nel giorno in cui è emesso , capite che ho un grosso problema, ho un sacco di ricavi e ancora non ho i costi.
Quindi l’Agenzia ha detto, se abbiamo un utility token (ed è già interessante che si parli di un utility token che è diverso da un bitcoin e da un fondo di investimento) che viene utilizzato non te lo considero rilevante nè ai fini del reddito (Ires, Irap) nè a fini IVA fintantoché non viene speso.
E questa è una interpretazione importante, sicuramente rassicurante.
Tenete presente che l’AdE (Agenzia delle Entrate) si muove nel contesto che è stato fornito da una sentenza della Corte di Giustizia Europea che riguardava l’inquadramento ai fini IVA delle cryptovalute, dove sostanzialmente si diceva che le operazioni in cryptovalute sono fuori dal campo di applicazione dell’IVA perchè si parla di attività finanziarie. Anche questo è un altro aspetto importante, perchè proviamo a pensare se si dovesse ritenere lo scambio di cryptovalute come merce.
A questo punto l’altro elemento importante descritto in questo interpello dice: La società che abbia emesso i token e che abbia dei token in portafoglio, alla fine dell’anno li deve valutare, e lo deve fare sulla base della quotazione di mercato e quella valutazione è rilevante ai fini fiscali. Quindi se voi avete in portafoglio una qualsiasi cryptovaluta che si è rivalutata di €100.000 in termine di valore dal momento che l’avete acquistata, quei €100.000 vanno a reddito. Questo vale anche per la perdita.
Più interessante perchè riguarda un più largo pubblico, quello degli investitori, è il secondo interpello 956/39, che riguardava una persona fisica che ha usato delle cryptovalute per comprare dell’oro, e ci si chiedeva quale fosse il trattamento fiscale da applicare. L’AdE a fronte di questo interpello fa delle affermazioni di carattere generale estremamente interessanti. Il principio è questo: alle operazioni che riguardano le valute virtuali si applicano i principi generali che riguardano le valute estere, senza distinguere fra utility token, security token o di pagamento etc., questo come vedremo non riguarda le imprese perchè queste non possono fatturare in cryptovalute, ma è importante per gli investitori, perchè per un investitore avere un conto in dollari o un wallet in bitcoin è la dal punto di vista fiscale la stessa cosa.
Vuol dire che le operazioni di cessione di queste cryptovalute sono potenzialmente produttive di reddito. In primo momento qualcuno aveva affermato che non danno reddito. E’ vero, ma solo se manca la finalità speculativa. La finalità speculativa sussiste se la consistenza di tutte le posizioni in valuta estera della persona ha superato i €51.645 (i vecchi cento milioni di lire divisi per 1.936, 27) per più di sette giorni lavorativi continui nel corso dell’anno solare.
Quindi per l’AdE è fiscalmente rilevante al momento della cessione l’utile, ma è interessante anche il fatto che è rilevante anche la perdita alle stesse condizioni.
Quindi se ho realizzato una perdita , debitamente documentata, possono essere riportate per i quattro anni successivi e possono essere compensate con gli utili.
Da tenere presente che il cambio da utilizzare per determinare utile o perdita è quello al primo gennaio dell’anno.
Chi ha delle cryptovalute deve compilare il riquadro RW, se si tratta di attività finanziarie al di fuori del circuito degli intermediari autorizzati.
Se invece li ho presso una fiduciaria o una banca non devo fare il modello RW, perchè lo fanno gli intermediari stessi attraverso il modello 770.
In generale le attività in cryptovalute sono tassate con una percentuale di imposta fissa al 26% sul saldo netto degli utili e delle perdite realizzate nel corso dell’intero anno. Quindi chi è in un’area fiscalmente rilevante, cioè chi ha superato le soglie, deve tenere una contabilità, quindi fare una somma algebrica delle plusvalenze e minusvalenze realizzate.
Tutto questo per dire che il quadro fiscale per quanto riguarda le attività in cryptovalute è abbastanza ben definito.
Quello che non è ancora chiaro dal punto di vista della norma è relativo alle attività di mining e poi la difficoltà per un soggetto che deve emettere fatture in cryptovaluta, in quest’ultimo caso perchè non è considerata moneta ma merce, in quanto considerata merce da luogo ad un obbligo di fatturazione.
Quindi se due aziende si scambiano bitcoin contro denaro, quella che cede bitcoin fattura i bitcoin all’altra e l’altra paga la fattura, è come se facesse una cessione.
La creazione di un exchange di criptovalute e problematiche legislative: il caso CoinBar
Hanno deciso di utilizzare una forma societaria importante che è quella della S.p.A. per garantire al massimo i propri clienti e comunque dotarsi fin da subito di una struttura che sia adeguabile fin da subito a quelle che saranno le richieste da parte del regolatore
Tutela della sicurezza e aspetti tecnologici sono elementi che vanno presi fortemente in considerazione.
Altro problema affrontato è la gestione della liquidità. La maggior parte degli exchange, escluso i primi dieci, hanno grossi problemi di liquidità e questo rende difficile l’accesso al mercato da parte sia degli istituzionali che dell’utenza consumer.
Quello che si deve fare aggregare più liquidità e creare un mercato più globale.
“ci sono due temi giganteschi come i KYC/AML e GDPR, che sono due cose che tirano una da una parte una dall’altra, perchè AML ti chiede molti dati mentre GDPR ti chiede di minimizzare i dati. In realtà il GDPR che è un tema molto interessante, ma che spesso è sconosciuto ad aziende fornitrici per chi vuole andare a sviluppare un exchange. E qui si deve fare un passo indietro. Quando un soggetto decide di sviluppare un exchange ha due soluzioni: la prima è quella di assumere una serie di sviluppatori e l’altra è quella di avvalersi di soggetti esterni e questa è probabilmente la soluzione più semplice. E qui inizia il dramma della ricerca di un fornitore affidabile, serio , competente, con il quale stabilire un vero e proprio rapporto di partnership, perchè pensare di considerare un fornitore di una piattaforma exchange come un semplice fornitore è un errore gravissimo.
Ci sono soggetti che adottano questo tipo di approccio, che realizzano prodotti in white label e li vendono a stampino con integrazioni API con exchange tipo Kraken, che non muovono un dito in più ad una richiesta, che chiedono molto spesso cifre elevate.
Quindi il mercato è abbastanza schizofrenico, ma non dal punto di vista di quanto costa farsi fare un exchange o creare o listare un token, ma anche dal punto di vista contrattuale, perchè è chiaro che ci sono soggetti non preparati su questo argomento ed il tema è che ci trova di fronte dei contratti di cinquanta pagine con una marea di clausole estremamente complesse che non rispondono a quelle che sono le reali esigenze del fornitore. E’ chiaro anche che il fornitore non può prendersi delle responsabilità nel caso per esempio dove c’è un blocco di sistema, però si deve prendere delle responsabilità sui dati personali, per la GDPR il responsabile del trattamento dei dati ha una serie di responsabilità, è soggetto ad una serie di sanzioni e sicuramente il fornitore a cui ci si rivolge deve avere queste competenze”
“Gli aspetti tecnici e soprattutto ciò che riguarda la sicurezza sono molto importanti, ma di base la soluzione più importante deriva dalla gestione del cold wallet che è strettamente legato con il concetto di liquidità. Un exchange illiquido oggi è inutile, pertanto la soluzione è stata quella di trovare accordi con altri grandi exchange ed avere accesso ad un aggregatore di liquidità, pertanto dal giorno uno noi avremo la liquiditò dei grossi exchange mondiali, pertanto piazzando un ordine su CoinBar è come se l’avessimo piazzato su tutte le piattaforme contemporaneamente, e quindi avremo accesso ad un mercato molto più ampio e non necessariamente dovremo garantire noi la liquidità necessaria.
Andrea Medri, quando l’esperienza diventa valore aggiunto. Una storia tutta italiana di chi le ha viste, e superate, tutte.
Andrea Medri, co-founder del famoso exchange The Rock Trading intervistato da Massimo Chiriatti ha ripercorso le scelte che hanno segnato la storia di questo exchange che per soddisfare il desiderio dei soci di essere basati in un paese comunitario hanno scelto Malta perchè è lì che hanno trovato una banca che permetteva di aprire un conto, ma per farlo richiedeva l’apertura della società in quel paese.
Medri ha fatto in complimenti agli organizzatori di CryptoCoinference “perchè per la prima volta in Italia, in tanti meeting dove continuo a partecipare, trovo un focus su chi vuol fare business in Italia, su chi si vuole mettere in gioco in Italia, negli altri meeting sento sempre parlare di Lechtenstein, Svizzera, Malta però alla fine pochi si focalizzano sulle opportunità che ci sono in questo paese di creare una nuova industria , di creare un nuovo business, pur con tutte le difficoltà che conosciamo. Però in questo momento storico secondo noi c’è la possibilità di lavorare con le autorità di vigilanza, con il legislatore e con le banche, per creare un’industria e mantenere le persone di qualità che esistono in Italia”
Per quando riguarda l’argomento stable coin Medri afferma “che il 2016 è stato l’anno degli hard fork, il 2017 quello delle ICO e adesso sarà il boom degli stable coins. E anche qui c’è da fare una bella distinzione. Vedremo un proliferare di stable coins che come per le ICO per la maggior parte saranno truffe, ed invece altre stable coins, che stanno nascendo adesso, che sono quelli che per nostra natura dobbiamo considerare che sono quelli regolamentati, dove esiste una autorità di vigilanza, esistono degli audit , esistono delle banche non off-shore che dichiarano i depositi. Quindi attenzione parlare di stable coin è l’opposto di parlare di bitcoin, con le stable coin si reintroduce il single point of failure , ossia la terza parte, ma detto questo lo stable coin aiuta molto nell’operatività di chi è nel nostro business nella movimentazione dei fondi, rispetto ai metodi tradizionali”
Giacomo Zucco – Bitcoin e gli altri
Giacomo Zucco non ha bisogno di presentazioni, ed i suoi interventi, al di là del pensiero di ognuno, offrono sempre interessanti spunti di riflessione.
Quindi per evitare che qualcosa venga perso, abbiamo deciso di inserire il video integrale del suo intervento, che invitiamo a vedere/ascoltare.
Dalla nascita di Bitcoin, alle critpovalute come le conosciamo oggi giorno: storia di successo di un early adopter tutto italiano
Gian Luca Comandini con la sua capacità espositiva ripercorre, dal punto di vista di chi l’ha vissuta in prima persona, il tema blockchain/bitcoin.
Evidenziando un aspetto importante che è quello di continuare a formarsi su questi argomenti, ma anche e soprattutto quello di offrire il proprio contributo alla divulgazione ed alla creazione di progetti , almeno questa volta, evitiamo di perdere questo treno, e questo lo si fa se tutti noi ci mettiamo al servizio della comunità.
“Formarci e formare. Non concentriamoci sulla speculazione, non concentriamoci sugli aspetti sbagliati di questa rivoluzione. Se partiamo dalla speculazione e dimentichiamo totalmente la formazione, questa rivoluzione la uccidiamo noi stessi”
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